La
persona si realizza mediante l'amore
Cammino di formazione del Vescovo Giuseppe per i giovani
Di Cristina Vonzun
Il
Vescovo accetta di seguire i giovani di persona e propone loro un cammino formativo:
5 incontri e due ritiri, da settembre ad aprile, su temi diversi ma tutti essenziali.
Premettiamo subito che un Vescovo che segue i giovani e viceversa dei giovani
che si formano con il Vescovo non vogliono costituire un'élite e neppure
sono mossi da puro sentimentalismo. La Chiesa, da quando è tale, si stringe
attorno agli apostoli. È il Vescovo stesso che lo ricorda nella lettera
da lui scritta a giovani ed animatori per invitarli a partecipare: "come
Vescovo, successore degli apostoli, mi metto a vostra disposizione per percorrere
con voi un pezzo di strada. Mi metto a vostra disposizione, seguendo il Santo
Padre, per aiutarvi ad incontrare Cristo e la Chiesa nel modo più profondo
possibile". I partecipanti al cammino formativo di quest'anno sono giovani
in maggior parte di parrocchie, diversi impegnati quali animatori o in via di
formazione per diventarlo. La dinamica stessa del corso è pensata per
aiutare i giovani a sentirsi parte di ciò che vivono e non solo consumatori.
Per questo abbiamo impostato gli incontri che si tengono al sabato mattina,
non solo come ascolto del Vescovo ma anche come occasioni di dialogo a gruppi,
compartecipazione nella responsabilità di preparare i diversi momenti,
la preghiera, l'animazione dei gruppi di lavoro, la sintesi. La presenza del
Vescovo è chiaramente quella del maestro e del padre a cui avvicinarsi
con rispetto ma anche con tanta libertà per educare a vivere la Chiesa
come una famiglia. Il tema di quest'anno, tratto dal libro intervista di Giovanni
Paolo II, "Varcare la soglia della Speranza", interpella i giovani
a proposito di quel naturale desiderio di incontro con l'altro che ognuno si
porta dentro, per capire cosa voglia dire amare e sentirsi amato, e cosa questo
centri con la fede. AI cuore della vicenda insomma non sta "il fabbricare
animatori", ma soprattutto l'aiutare la gente a risolversi come persone.
I ritiri, hanno per tema una catechesi sul Padre Nostro (in avvento) e l'approfondimento
del sacramento della confessione (in quaresima). Nell'incontro di settembre
si è riflettuto sulla comune origine di tutte le vocazioni che sono l'espressione
del desiderio di dono di sé e risposta pertanto alla chiamata del Signore.
Il Vescovo ha precisato: "Non è bene che l'uomo sia solo (Gen 2,18)
vale infatti sia per il ragazzo in cerca dell'anima gemella, sia per chi si
interroga sulla vocazione alla vita consacrata. Questo significa per tutti che
siamo invitati a vivere l'immagine di Dio, la somiglianza di Dio che è
comunione trinitaria. Sorge allora una domanda: Ma tu sai chi sei? Ti conosci
bene?". Noi uomini infatti non siamo dei solitari, siamo aperti sia per
natura sia per necessità agli altri. Siamo stati creati da Dio per amore,
gratuitamente. Così prosegue il Vescovo " Dio ci ha voluto affinché
fossimo diffusori del suo amore ... dobbiamo dunque chiederci continuamente
questo: cosa vuole da me il Vangelo? Cosa vuole per me? Ma non solo per me,
poiché esso è anzitutto comunione, dunque per me e per gli altri,
per noi". Dopo aver brevemente spiegato la sorgente rivelata dell'amore,
il Vescovo riprendendo un pensiero di Francois Mauriac ha continuato "
la parola amore è la più profanata, perché si è
perso il senso di chi è l'uomo, di chi è la donna. L'uomo non
è solo materialità, anzitutto è persona, cioè corpo
ed anima, capacità di relazione". Poi, molto concretamente ha invitato
a non limitarsi alle riflessioni, ma a vivere un amore maturo, che ha presentato
quale "quello dì essere coscienza di essere al mondo e coscienza
degli altri, dono, grazia". Ma l'uomo e la donna chiamati alla relazione
chi sono ? "Maschio e femmina Dio li creò (Gen 1,22). La Genesi
indica che non bastiamo da soli, che c'è un limite in noi, e trasmette
anche la pari dignità dell'uomo e della donna. II problema oggi, in molte
copertine/coppie, é proprio lo scadere di questo sguardo sull'altro. La frase della
Genesi significa anche la grandezza del nostro essere, perché parla di
complementarietà. La complementarietà appartiene al piano di Dio,
al suo progetto d'amore per noi e va dunque vissuta in tutta la sua completezza.
La nostra vita deve essere ricca: (completa) non può prescindere dalla
sessualità. La nostra cultura relativizza la sessualità fino a
banalizzarla, oppure la esalta fino all'eccesso. La sessualità è
la caratteristica del nostro essere creature ed in quest'ottica la sessualità
diventa rivelazione di Dio, comunione e persino vocazione". II percorso
che va dalla natura alla realizzazione della propria vocazione passa dentro
alla conoscenza di sé e di sé aperto agli altri. Dopo questa fase
introduttiva, il Vescovo ha toccato in modo più specifico il senso di
questo amore che si fa dono e che corrisponde ad una chiamata naturale e spirituale.
Ha dunque spiegato "amare il prossimo come se stessi deriva dalla nostra
somiglianza con Dio. Lo stesso Dio che ha amato me, ha amato gli altri. Quindi
dobbiamo apprendere e conoscere lo stile di amare che è di Dio. Ecco
dunque che sorge la domanda: ma Dio come ama? Egli ama gratuitamente, senza
altri fini, in quella consegna totale che è quella di Cristo sulla Croce:
per il Padre e per gli uomini. L'amore non è conquista, non è
poter dire a qualcuno: tu sei mio, ma è dono, è dire all'altro:
io sono tuo". In questa estrema gratuità divina, che potremmo vedere
quale fondamento dell'alleanza originaria compiutasi poi in Cristo, passano
alcuni elementi importanti, a cui il Vescovo ha richiamato i giovani nel loro
rapporto con gli altri e con Dio "Dio non ha mai smesso di amare il suo
popolo. Questo significa nei rapporti tra noi eliminare il "ti amerei ancora
se ..." dando invece valore al "sempre". Un'altra caratteristica
dell'amore ad immagine e somiglianza è la fecondità, come attenzione
continua, che non sta solo nel mettere al mondo qualcuno ma nel prendersi cura
della vita. L'amore fecondo perciò è impegnativo. Questo, ha spiegato
il Vescovo, accade nella copertine/coppia, ma anche nell'amicizia, nella vita consacrata
"è fecondo l'amore di un amico che porta la luce nella vita di un'altra
persona, è fecondo l'amore di un parroco. Un ultimo aspetto sottolineato
a conclusione dell'incontro, è l'universalità dell'amore, cioè
la chiamata a superare ogni confine per raggiungere tutti. Questo a partire
dall'amore di Cristo, che ci ha amati per primo di un amore totale. Nella vita
personale e di copertine/coppia corrisponde a non considerare il proprio amore un affare
privato, a non chiudere gli altri e il mondo fuori dalle proprie attenzioni.
II Vescovo ha poi ricordato che il sacramento del matrimonio è un atto
pubblico, perché vuol dire riconoscere davanti a Dio e davanti a tutti
che dall'amore nasce l'impegno a spendere questo dono a vantaggio dell'intera
società. Nella sintesi, il Vescovo ha dunque indicato come "gratuità,
fedeltà, fecondità e universalità valgono sia per l'amore
sponsale, sia per l'amore consacrato. Entrambi saranno genuini se, come quello
divino, saranno gratuiti, fecondi, fedeli e universali". Il cammino formativo
dei giovani con il Vescovo continuerà nei prossimi mesi affrontando più
specificatamente i temi della chiamata al matrimonio e alla vita consacrata.